
Recupero Fertilità Spontanea
Permettere un concepimento spontaneo tramite l’eliminazione di fattori di disturbo della fertilità.
Quello che gli esami non dicono
La maggior parte delle coppie infertili si siede nello Studio di uno specialista di fecondazione assistita e ancora prima di dare il proprio nome, indirizzo e professione, la propria storia medica, depone un faldone di esami come evidenza tangibile della lunga lotta contro la difficoltà a concepire.
Nella mia esperienza è raro che da questi faldoni escano elementi utili a impostare una diagnosi, formulare una prognosi e intervenire con una cura.
Ho un bisogno istintivo di un colloquio franco, aperto, collaborativo, informativo con la coppia che di regola alla domanda circa le presunte cause della loro difficoltà di concepire pronunciano, quasi fosse stata data loro una sentenza, la definizione “infertilità inspiegata”.
A mio avviso è inaccettabile che una coppia infertile in cura per più anni non abbia ricevuto una diagnosi esatta sulle cause per cui il sistema della fertilità continui a fallire. Il medico è chiamato per dovere deontologico e perché il paziente lo chiede a fare una diagnosi, a capire cosa c’è che non va, a identificare l’origine del problema e questo deve occupare il 90% del suo sforzo. A quel punto per la prescrizione di una terapia rimane solo il 10% del lavoro professionale del medico. È sorprendente la quantità di informazioni che possono essere ottenute in un colloquio diagnostico ben condotto che oltretutto serve a stabilire e rinforzare un rapporto di fiducia empatica fra una coppia e lo specialista a cui si affida.
Questa parte richiede tempo, pazienza, la disponibilità della coppia a ripetere informazioni personali e mediche che ha già riferito tante volte, ma è lì, dove vi sono spazi conoscitivi nel passato ignorati, che può rivelarsi la chiave di volta per risolvere il problema.
La visita clinica
L’intuito è uno strumento diagnostico
Per fortuna la maggior parte degli incontri sono ancora di persona, anche se alcuni sono ormai per via elettronica. Il paziente parla non solo con una comunicazione verbale, ma parla con l’aspetto del suo volto, la postura del tronco, l’atteggiamento delle mani, la franchezza del suo sguardo, il modo in cui è vestito. Il paziente è in primis una persona che offre spontaneamente tramite questi elementi degli spunti diagnostici di straordinaria redditività conoscitiva.
Vi è stata una medicina che non è scomparsa, ma che ha dovuto arrendersi alla potenza diagnostica degli strumenti di cui disponiamo oggi, che faceva dell’osservazione clinica il centro della sua possibilità diagnostica. Parliamo ancora adesso di “occhio clinico” e di “fiuto clinico”. Naturalmente solo il concerto della parte conoscitiva anamnestica, del riscontro clinico e dell’avvaloramento mediante esami strumentali può confermare o accantonare quanto l’intuito, il fiuto o l’occhio del clinico sembrava aver intravisto. Tuttavia l’intuito, che diventa capacità di orientare le indagini strumentali, ancora oggi può fare una grande differenza, sia in termini di tempi per arrivare ad una soluzione, sia di risultati.
La visita pelvica
Un sapere che viene dalle mani
Le mani rimangono, se guidate da competenza ed esperienza, uno straordinario supporto diagnostico per il medico. La semeiotica classica, quindi il riscontro di manifestazioni cliniche secondo una metodologia che parte dalla scuola salernitana dell’anno 1000, include l’ispezione, la palpazione, la percussione e l’auscultazione. L’ispezione rimane fondamentale in tutte le specialità mediche, basta pensare al volto di una persona depressa, alla posizione di difesa che la donna presenta quando il dito raggiunge parti dell’apparato genitale affette da un fatto infiammatorio acuto o endometriosi.
Gli organi pelvici, come tutti quelli del nostro organismo, sono fatti di tessuti e anche le persone meno esperte sono in grado di distinguere un velluto da una seta, da un cotone, da una lana grezza o pettinata.
Quando il medico visita, esercita la stessa capacità discernente, perché è chiaro che la consistenza di un osso, la resistenza della cute, la morbidezza di una mucosa, rispettano parametri tattili e sono percettibili in maniera molto differente.
Quindi la visita medica offre elementi conoscitivi fondamentali per interpretare il quadro clinico dell’infertilità.
Colore dei tessuti, turgore, temperatura, sono determinanti per capire, interpretare ed elaborare un procedimento conoscitivo di una patologia della fertilità, cioè arrivare alla diagnosi.
Gli ostacoli al concepimento
Una coppia su cinque non riesce a concepire entro un anno dall’inizio dei rapporti ed è compito del ginecologo capire quale problema lo impedisca, cioè arrivare a una diagnosi. Nel 50% delle coppie infertili vi è un problema di qualità seminale che risulta inadeguata rispetto ai parametri che garantiscono entro un ragionevole numero di tentativi, da circa 100 a 150, che finalmente uno spermatozoo percorra il canale che attraversa il collo dell’utero, attraversi la cavità uterina, impegni il lungo percorso tubarico per raggiungere finalmente il suo bersaglio biologico, l’ovocita. Nel 20% dei casi invece la causa è la funzione ovarica inadeguata per un concepimento e nel 30% dei casi è un elemento di disturbo nell’apparto genitale, come endometriosi, aderenze, infezioni pregresse in atto, ad impedire che seme e uova perfettamente congrui diano luogo a una fertilizzazione.
Un percorso naturalmente efficace
La maggior parte delle persone che legge queste righe dirà, possibile che sia così semplice? È semplice perché il sistema riproduttivo che ha garantito la presenza di oltre 8 miliardi e mezzo di persone sulla superficie terrestre è un sistema semplice, basta prendere un uomo fertile, una donna ovulatoria, un apparato genitale in ordine, agitare prima dell’uso, e dopo 9 mesi avremo un nuovo essere umano a farci compagnia.
Questa schematica semplicità è venuta progressivamente a mancare a favore di soluzioni tecnologiche come la fertilizzazione in vitro, che partono dal presupposto di porre sotto controllo tutti e tre questi fattori. Il seme viene direttamente iniettato nell’ovocita, l’ovaio viene sovrastimolato per produrre più ovociti, l’apparato genitale viene vicariato in laboratorio dove si possono ottenere embrioni adatti a essere ritrasferiti nella cavità uterina.
Nel frattempo però bisogna misurare l’efficienza di questi trattamenti, l’impegno che richiedono e i loro costi, farmacologici e clinici rispetto a un miglioramento della qualità seminale laddove sia inadeguata, ad esempio eliminando un varicocele o curando una prostatite, correggendo un disturbo ovulatorio o eliminando fattori di disturbo dell’efficienza dell’apparato genitale femminile. In poche parole, mettendo a frutto quello che già la natura ci offre in modo gratuito ed efficiente, 13 ovulazioni l’anno senza nessuna fatica da parte della donna, tra 100 e 150 rapporti sessuali l’anno, attività in genere gradita alla maggior parte delle persone che vi si impegnano, insomma mettere ordine nel nostro piccolo laboratorio biologico personale, eliminando i fattori di disturbo della fertilità.
I margini di successo di questa strada diagnostica e terapeutica sono equivalenti a quelli ottenuti in tecnologia riproduttiva e risultano molto graditi ai pazienti che vedono in queste scelte un percorso che si avvicina di più alle loro attese.
Una volta arrivati alla diagnosi che spiega l’infertilità tramite anamnesi, intuito, esami diagnostici e strumentali, arrivare alla guarigione, ossia al recupero della fertilità spontanea, è un processo molto semplice e comprensibile ai pazienti che, guidati passo passo nella comprensione del loro disturbo, usciranno finalmente dallo studio medico con le idee chiare e una piena disponibilità ad essere coinvolti nel percorso procreativo.
Per prenotare una visita o richiedere informazioni: